16 febbraio – il Report

Aspettando Log@Ritmi – scorie e territorio

Come ogni anno, ormai da 5 anni, il nostro liceo accoglie la provocazione della scienza con Log@Ritmi. Il tema di questa quinta edizione del festival è la Ricerca, e i giorni destinati alle conferenze e dibattiti con esperti (quest’anno in remoto) sono 24, 25 e 26 febbraio. Ma ‘aspettando Log@Ritmi’ non abbiamo perso tempo: abbiamo affrontato il tema ‘’Scorie e territorio’’ con Francesco Giordano, docente di fisica presso l’Università degli Studi di Bari, e Marisa Ingrosso, giornalista per ‘’La Gazzetta del Mezzogiorno’’ e autrice di Sud Atomico, coordinati dalla professoressa Lucia Schinzano. 

Dopo un breve approfondimento scientifico del professor Giordano, Marisa Ingrosso ha parlato della storia del nucleare in Italia, con i suoi contorti sviluppi e segreti. A seguito del referendum del 1987 per abolire le centrali nucleari dal territorio italiano, è sorto il problema dello smaltimento dei rifiuti radioattivi: serviva un impianto per smaltire le scorie derivanti dalle centrali (ma anche da attività industriali, di ricerca e di medicina nucleare). Ora, 34 anni dopo, l’Italia non è ancora d’accordo su dove e quando costruire un impianto per smaltire i rifiuti del nucleare. SOGIN, la società italiana che si occupa dello smaltimento dei rifiuti radioattivi, ha pubblicato, il 5 gennaio di quest’anno, una lista dei siti potenzialmente idonei per la costruzione di un deposito nazionale unico superficiale per le scorie radioattive. Sono stati individuati ben 67 posti in tutta Italia, che dovranno essere vagliati in 60 giorni: pochi, a parere dei nostri ospiti. Marisa Ingrosso, infatti, chiarisce che i terreni devono essere sottoposti a esperimenti che testino la loro resistenza ai materiali nucleari. In Puglia, per il basso tasso sismico, è stata scelta la zona tra Gravina, Altamura e Laterza. Tuttavia i parametri da soddisfare per ottenere la certificazione di idoneità sono relativi allo smaltimento di rifiuti a bassa e media attività radioattiva. E quelli ad alta attività? Vengono smaltiti insieme agli altri, negli stessi impianti, dove ovviamente non potrebbero essere smaltiti: l’Italia non può affrontare lo sforzo tecnologico che la costruzione di impianti più sofisticati comporterebbe. Il modello di stoccaggio imposto dallo Stato ha una garanzia di funzionamento di 300 anni, e prevede 4 barriere per isolare i rifiuti dall’ambiente ma, nonostante questo, le aree circostanti l’impianto non saranno mai del tutto sicure: le coltivazioni, i parchi e le zone protette saranno a rischio e così anche l’economia locale.

Le argomentazioni e spiegazioni dei relatori hanno reso vivace il dibattito con studenti e professori. La cattiva gestione dei rifiuti radioattivi e la noncuranza nei confronti della tutela del territorio da parte dello Stato sono indice di una coscienza civile non sviluppata o quasi assente. Ecco perché come nostro diritto e dovere di studenti, professori, cittadini dobbiamo ‘’ricercare’’ il futuro e ascoltare la provocazione della scienza!  

Miriana Alfonsi